Recentemente l’Agenzia delle Entrate italiana è tornata ad esprimersi negativamente sul regime dei neo-residenti, applicato ai redditi di fonte svizzera.
Tale regime è stato introdotto in Italia nel 2017 [1] dall’art.24-bis del D.P.R. n. 917/1986 (Tuir) [2] ed è riservato, come noto, a soggetti non residenti [3] che decidono di trasferirsi in Italia.
Per effetto dell’opzione [4], ai contribuenti neo-residenti è riconosciuta su richiesta, in deroga al principio della tassazione su base mondiale [5] (comune alla maggior parte dei Paesi), di essere tassati, limitatamente ai redditi prodotti (e ai beni e diritti esistenti) all’estero, con un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle imposte patrimoniali (i.e. IVIE [6] ed IVAFE [7]) e delle imposte sulle donazioni e successioni, nella misura forfettaria di 100 mila euro (25 mila euro ciascuno per il coniuge e i figli, in caso di estensione del regime anche ai familiari) per ciascun anno d’imposta in cui è operativa l’opzione [8], restando invece imposti ordinariamente i redditi di fonte italiana.
Ad una prima analisi, dunque, la norma in commento parrebbe essere un incentivo particolarmente attrattivo per promuovere nuovi investimenti nel “Bel Paese”, in particolare per quegli HNWI (high net worth individuals) titolari prevalentemente di redditi e asset esteri, che potrebbero trovare particolarmente conveniente concentrare in Italia il proprio domicilio familiare, mantenendo all’estero molte attività imprenditoriali e professionali.
Tuttavia, non si può non segnalare che una “relocation”, in occasione della presenza di attività transfrontaliere multiple, non è mai priva di rischi (soprattutto fiscali) e nemmeno il versamento dell’imposta sostitutiva di 100 mila euro può offrire al neo-residente una garanzia che uno o anche tutti i Paesi coinvolti possano avanzare altre pretese impositive, in applicazione delle norme convenzionali.
In quest’ottica ci si deve sempre interrogare, ed anzi è opportuno condurre preventivamente un’analisi approfondita, su quale, tra i diversi Stati con i quali esistono dei collegamenti territoriali, possa avere effettiva potestà impositiva (esclusiva o concorrente) in relazione a determinati elementi reddituali e/o patrimoniali e su come rispettare correttamente gli adempimenti tributari/dichiarativi di ciascun Paese.
Sul punto la Circolare n. 17/E del 23/05/2017, par. 7, aveva già chiarito che il versamento dell’imposta sostitutiva non comporta necessariamente il soddisfacimento del requisito convenzionale di residenza in Italia del contribuente “nel caso in cui le singole Convenzioni di volta in volta applicabili dispongano diversamente” e, pertanto, quest’ultimo potrebbe ben vedersi negati i vantaggi convenzionali.
Un potenziale conflitto di potestà impositiva esiste con riferimento alla Svizzera: poniamo il caso di un contribuente svizzero che volesse trasferirsi in Italia al beneficio del 24-bis: la CDI Italia-Svizzera, infatti, parrebbe escludere (così recita anche la risposta ad interpello citata in apertura) dall’ambito soggettivo di applicazione dei benefici convenzionali (segnatamente il credito d’imposta che neutralizza la doppia imposizione) tutti quei contribuenti che non subiscono tassazione sui redditi ai sensi della normativa tributaria interna, quali i neo-residenti italiani. In particolare ai sensi dell’art. 4, par. 5, lettera b) della CDI tra i due Stati è precluso lo status di residente a “una persona fisica che non è assoggettata alle imposte generalmente riscosse nello Stato contraente, di cui sarebbe residente secondo le disposizioni che precedono, per tutti i redditi generalmente imponibili secondo la legislazione fiscale di questo Stato e provenienti dall’altro Stato contraente”.
In base a tale interpretazione, nel caso in esame non essendoci la copertura convenzionale, vi è il concreto rischio che l’HNWI trasferito in Italia venga considerato comunque residente svizzero dall’amministrazione federale delle Contribuzioni (con “doppia imposizione” sui redditi di fonte svizzera imposti localmente e senza possibilità del recupero del credito in Italia).
Si evidenzia che in Svizzera, i redditi prodotti da una persona fisica sono imposti in base alla “appartenenza personale” [9], qualora il contribuente risulti avere in Svizzera il proprio domicilio (inteso come centro degli interessi vitali) o la dimora fiscale (intesa come luogo in cui il contribuente permane per esercitare un’attività lucrativa). In altre parole, il permanere in Svizzera di determinati interessi economici e/o attività professionali può comportare conseguenze in termini di dimora fiscale, indipendentemente dalle scelte familiari e dalle volontà del contribuente di trasferirsi in Italia (o all’estero in generale).
Il neo-residente, per definire il reale “costo fiscale” di una simile relocation dovrà pertanto considerare che ai 100 mila euro versati per aderire al regime opzionale (oltre ai 25 mila euro per ciascun familiare al seguito), occorrerà sommare anche le imposte dovute in Svizzera in relazione ai redditi/asset ivi ubicati, con la conseguenza che il beneficio fiscale legato alla flat tax sui redditi esteri potrebbe essere fortemente ridimensionato dalla doppia imposizione subita.
L’alternativa, per poter applicare il Trattato con la Svizzera (copertura convenzionale, con recupero del credito di imposta) è che il neo-residente eserciti l’opzione di cui al comma 5 dell’art. 24-bis Tuir, escludendo la Confederazione dal novero dei Paesi i cui redditi sono assorbiti dall’imposta forfettaria. Tuttavia, tale meccanismo, definito “cherry picking”, porta con sé una restrizione che deve essere vagliata attentamente: nella Circolare 17/E prima citata l’Agenzia delle Entrate ha infatti precisato che, una volta escluse dall’opzione, tali giurisdizioni non possono più essere reintegrate. La ratio, chiaramente, si ravvisa nella volontà, da parte del Legislatore, di prevenire fenomeni elusivi basati sull’arbitraria inclusione/esclusione di un Paese basata sulla mera convenienza economica e del carico fiscale previsto.
Inoltre, l’esercizio del cherry picking, comporterebbe la conseguente attrazione dei beni svizzeri all’imposta italiana sulle successioni e donazioni, l’assoggettamento patrimoniale (IVIE-IVAFE), l’applicazione della normativa CFC (Controlled foreign companies) con conseguenti obblighi dichiarativi.
E' quindi importante valutare con attenzione e preventivamente l’adesione al 24 bis in base alla localizzazione dei propri asset/redditi e ai regimi convenzionali previsti dagli Stati interessati.
[1] Legge 11 dicembre 2016, n. 232.
[2] Art. 24-bis, “Opzione per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia”.
[3] Intendendosi per tali, ai fini dell’agevolazione in argomento, coloro la cui residenza estera sia durata per almeno 9 dei 10 precedenti periodi d’imposta.
[4] Che deve essere esercitata dopo aver ottenuto risposta favorevole a specifica istanza di interpello presentata all'Agenzia delle entrate (art. 24-bis, comma 3, Tuir).
[5]Tassazione cd. “worldwide”, per la quale un contribuente residente è imposto sulla totalità dei redditi ovunque prodotti.
[6] Imposta sul valore degli immobili all’estero, ammontante allo 0,76% del loro valore
[7] Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero, ammontante allo 0,2% del loro valore
[8] Per un massimo di 15 anni (art. 24-bis, comma 4, Tuir).
[9] Art. 3 LIFD
STELVA SA
Dott.ssa Bonaldo Arianna
Dott. Elli Alessandro
Consulta l'articolo cliccando su ''PDF''.