Il trust è l’istituto giuridico più utilizzato nell’ambito della pianificazione patrimoniale per il passaggio generazionale. Le scelte di chi ha istituito un trust familiare fino ad ora sono state fortemente influenzate dal regime fiscale che l’agenzia delle Entrate affermava fosse applicabile. Secondo l’Agenzia veniva scontata l’imposta sulle donazioni il passaggio del patrimonio dal disponente al trustee, applicando aliquote e franchigie in funzione dei rapporti di parentela tra il disponente e i beneficiari designati, mentre era considerato fiscalmente irrilevante il successivo passaggio del patrimonio, anche a distanza di molti anni, dal trustee ai beneficiari. Tale interpretazione consentiva di utilizzare il trust quale strumento per “congelare” l’imposizione applicando l’attuale regime dell’imposta sulle successioni e donazioni e di evitare gli effetti negativi di un eventuale inasprimento di tale regime. La dottrina più qualificata e la Corte di cassazione contestavano tale interpretazione evidenziando che nel passaggio del patrimonio dal disponente al trustee non si realizza un incremento liberale e definitivo del patrimonio di quest’ultimo per cui, mancando il presupposto che legittima l’imposizione, tale attribuzione patrimoniale deve essere considerata fiscalmente irrilevante. Al contrario deve essere assoggettata ad imposizione l’attribuzione finale del patrimonio dal trustee ai beneficiari, applicando la normativa in vigore nel momento in cui si realizza tale attribuzione.
Nel 2021 l’agenzia delle Entrate in tre risposte ad interpello (le n. 106, 351 e 352.) ha preso posizione riconoscendo che è fiscalmente rilevante ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni l’attribuzione del patrimonio dal trustee ai beneficiari, e da ciò si desume che abbia finalmente cambiato la propria linea interpretativa adeguandosi al principio della tassazione all’uscita consolidatosi nei pronunciamenti della Suprema Corte. Le conseguenze sono di grande rilievo, sia per chi ha già istituito un trust sia sulle ragioni che, in futuro, guideranno nella scelta dell’utilizzo di tale strumento.
Per chi ha già istituito un trust si pone il problema di quale sarà la sorte dell’imposta sulle donazioni pagata “all’entrata”, cioè quando il trustee ha ricevuto il patrimonio, stante il fatto che da tale trasferimento non doveva conseguire alcun pagamento d’imposta. È escluso, perché non previsto dalla legge, che per tali trust si possa affermare che nessuna imposta sarà più dovuta, quello già eseguito infatti è qualificabile semplicemente come un pagamento indebito. L’opzione più ragionevole appare essere la presentazione di una istanza di rimborso, sia da parte di chi è nel termine dei tre anni dal pagamento, avendo titolo a richiedere il rimborso per legge, sia da parte di chi ha effettuato tale pagamento da oltre tre anni, facendo leva sul principio del legittimo affidamento nelle interpretazioni dell’agenzia delle Entrate. È invece difficile ipotizzare che si possa in futuro chiedere di compensare le imposte pagate “all’entrata” dal trust o dal trustee con quelle che saranno dovute dai beneficiari al momento della attribuzione a loro del fondo in trust, stante la diversità dei soggetti.
Per quanto riguarda invece le ragioni di istituire un trust, deve essere chiaro che tale strumento non serve ad evitare le conseguenze di un eventuale futuro aggravio dell’imposta sulle successioni e donazioni, perché il momento fiscalmente rilevante sarà rappresentato da quello in cui, magari fra molti decenni, il patrimonio verrà definitivamente attribuito ai beneficiari. Le ragioni per le quali è utile istituire un trust familiare sono molteplici, dall’accompagnamento nel tempo degli eredi alla tutela dei soggetti deboli, al mantenimento unitario del patrimonio e così via.