In un recente contributo (Note e Studi 10/2020) Assonime ha approfondito le tematiche del beneficiario effettivo e dell’abuso del diritto nelle operazioni transfrontaliere di distribuzione di dividendi nell’ipotesi di interposizione di un beneficiario fittizio (quale destinatario formale del pagamento) con l’unico intento di beneficiare di disposizioni convenzionali favorevoli, altrimenti precluse.
Segnatamente, ripercorrendo le conclusioni pronunciate dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza sui cd. “casi danesi” (cause riunite C-116/16 e C-117/16) del 26 febbraio 2019, Assonime condivide che l’applicazione della ritenuta sui dividendi in uscita (che negherebbe la posizione di beneficiario effettivo al soggetto che riceve il provento, altrimenti beneficiario dell’esenzione prevista dalla direttiva madre-figlia) deve necessariamente essere supportata da “indizi convergenti”.
Questa impostazione è stata espressamente adottata al fine di non negare la qualità di beneficiario effettivo, ad esempio, ai fondi pensione e ai fondi comuni di investimento che utilizzino i dividendi incassati in qualità di soci per assolvere ai propri obblighi istituzionali di distribuzione. Sicché, in linea generale, le stesse conclusioni devono trarsi per i dividendi che concorrono a formare gli utili delle holding e che, come tali, defluiscano ai propri soci in via naturale e legittimamente lungo la catena partecipativa, in base ad un’apposita delibera assembleare adottata in sede di approvazione del bilancio.
In caso contrario, si legge, ci si troverebbe in contrasto con il principio della libera circolazione di capitali.
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