Le recenti sentenze della Cassazione (giugno-luglio 2019) hanno nuovamente espresso parere contrario in merito al riconoscimento dell’atto di dotazione di qualsivoglia trust quale mera manifestazione di capacità contributiva. Lo stesso vale, quindi, anche per il c.d. “blind trust”, da sempre visto con sospetto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano.
In particolare, con questo termine si vuole indicare l’adozione di un trust finalizzato alla prevenzione di potenziali conflitti di interessi, istituito ad esempio da professionisti che, rivestendo importanti ruoli pubblici o privati, potrebbero ottenere ingenti vantaggi economici se solo si avvalessero delle informazioni, acquisite durante lo svolgimento dell’incarico, per scopi personali.
Ricorrendo a questo istituto, il disponente può quindi spossessarsi del proprio patrimonio e attribuire la gestione dello stesso al trustee, tutelandosi così contro le eventuali accuse di aver agito ed effettuato investimenti personali proficui sulla base di conoscenze strettamente riservate.
Ovviamente, affinché questa particolare tipologia di trust possa essere considerata lecita, il trustee non deve presentare legami di alcun tipo (affari, parentela, etc.) con il disponente. Nel caso contrario, si verrebbe semplicemente a configurare una mera ipotesi di conferimento di mandato.
Il nostro staff resta a disposizione per ogni eventuale chiarimento e per assistervi laddove decideste di optare per il blind trust, ad oggi fortemente consigliato dall’ordinamento giuridico italiano.