Con l’ordinanza n. 31447 del 5 dicembre 2018, i giudici della Corte di Cassazione, confermando la sentenza di secondo grado, hanno espressamente disposto che il mantenimento della partita IVA italiana da parte del professionista svizzero costituisce una presunzione semplice, grave e precisa dalla quale è possibile dedurre uno svolgimento continuativo della professione in territorio italiano; specialmente nelle ipotesi in cui si riscontri che il titolare di partita IVA detenga altresì un immobile adibito a studio nel Paese in questione. Ne consegue, il relativo assoggettamento fiscale italiano, conformemente all’art. 14 della Convenzione italo-svizzera, sulla base del principio secondo il quale i compensi ritratti dall’esercizio di una libera professione o di altra attività a carattere, comunque, indipendente, non si sottraggono, invero, in base al criterio della territorialità, all’imposizione nello Stato di esercizio dell’attività medesima. In altri termini, elementi comuni come la P.IVA italiana possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per attirare i redditi esteri a tassazione italiana. Motivo per cui, spetterà al contribuente dimostrare, con idonea documentazione, l’effettivo svolgimento della sua attività in territorio estero.
E’ quindi opportuno che il contribuente valuti con attenzione la propria situazione al fine di evitare collegamenti “rischiosi” con altri Stati.
Lo staff rimane a disposizione per ogni eventuale chiarimento.