A differenza della posizione assunta da parte dell’Agenzia delle Entrate, l’UE tende sempre di più a dissociare i bitcoin dal concetto di moneta e valuta. Ne è un esempio la recente sentenza della Corte d’Appello di Berlino che, a settembre scorso, ha espressamente escluso l’attività di exchanger di bitcoin dalla normativa bancaria tedesca.
Alla base di tale decisione, il concetto che il bitcoin è un mezzo di scambio volontario non rientrante nella nozione di unità di conto. La Corte, quindi, ha escluso che il bitcoin possa essere assimilato a moneta elettronica e ha dichiarato che l’attività di conversione del bitcoin non è da assoggetare alla normativa bancaria.
Alla luce delle continue e innovative prese di posizione in ambito di criptovalute, preme anche sottolineare come risultino essere sempre più frequenti i casi in cui gli operatori italiani decidano di costituire società con tecnologia blockchain ed emissione di ICO in Paesi vicini al proprio, come Svizzera e Malta, a causa della normativa agevole e trasparente. Sul punto, si precisa che la Corte di giustizia europea ha chiarito che non costituisce abuso della libertà di stabilimento la mera scelta di avviare una società in uno Stato membro, diverso dal l’Italia, per poter fruire di una legislazione organica. Aspetto favorevole, considerando le forti limitazioni e ingerenze normative attualmente previste in Italia. In ogni caso, ogni progetto “genuino” sviluppato all’estero dovrà essere improntato su validi elementi documentali e sostanziali che ne dimostrino le valide ragioni economiche al fine di evitare rischi fiscali di ripresa in Italia (esterovestizione, stabile organizzazione, etc.)
Lo staff rimane a disposizione per qualsiasi chiarimento.