La corte d’Appello di Brescia, ha confermato la decisione dei giudici di primo grado in merito al diniego inerente l’aumento di capitale di una società attraverso il conferimento di criptovalute.
La Corte riconosce che le criptovalute rappresentano l’unità di misura dello scambio di beni e servizi, e non il valore ivi sottostante e che le stesse non risultano comparabili ai beni e ai servizi scambiati per il tramite della moneta. Ne consegue, l’impossibilità di determinazione del valore in questione mediante perizie, vista l’incapacità di attribuire alle stesse un valore che sia effettivo e al contempo certo; nonostante sia diffuso l’utilizzo di beni sia come elementi di scambio che come valore (si pensi all’oro).
L’atteggiamento negativo dei giudici italiani, insieme all’aumento delle sanzioni erogate da Consob verso i soggetti operanti con criptovalute e ICO sul territorio italiano, costituisce un ostacolo per gli imprenditori interessati ad operare con tecnologie e formule nuove e che possono trovare nel vicino territorio svizzero un contesto normativo più favorevole e sicuro.
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