La Ctr Umbria con la sentenza 159/3/2017 ha chiarito la portata delle disposizioni dell’art. 110 Tuir (disposizione in vigore fino al 31 dicembre 2015, quindi prima delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2016 -L. 208/2015-).
Secondo i Giudici, i costi relativi alle operazioni nei paesi black list sostenuti da una impresa italiana, sono deducibili rispettando una duplice condizione:
Sul punto la Ctr ha richiamato le indicazioni fornite dalla direzione regionale delle Entrate del Piemonte nel 2002, secondo cui la prova che le imprese estere svolgano prevalentemente un’attività commerciale è dimostrabile da documentazione quale: “statuto, iscrizione al registro imprese locale, bilanci pubblicati, numero dipendenti”; in questa verifica non necessariamente assumono rilievo altre informazioni come contatti telefonici, e-mail di utenze situate nel Paese del fornitore o esistenza del conto corrente che sono tutti elementi riconducibili a una “scelta gestionale autonoma e insindacabile” dell’imprenditore.
In considerazione di quanto sopraesposto, non sarà necessario svolgere una approfondita indagine su “tutta l’attività svolta dal fornitore”: si tratterebbe infatti di una prova “quasi impossibile da fornire da parte di un soggetto terzo al rapporto tributario.